27 febbraio 2019

Le Migliori Letture del 2018


Lettori buongiorno! Non ci posso credere, non avevo ancora pubblicato il post con le letture più belle del 2018, non che non le conosciate visto che quando amo un romanzo vi faccio due palle così ovunque, soprattutto su Instagram dove sono diventata una specie di zecca, ma insomma, dimenticarsi di pubblicare un post fa di me una pessima blogger. Mi vado a cospargere il capo di cenere e torno...
Eccomi. Ah, sempre perché sono una blogger molto professionale, alla canonica decina ho aggiunto un libro. Quindi i titoli che vi consiglio sono undici.

Come sempre trovate un breve commento e uno stralcio di recensione linkabile nel caso vogliate andare a sorbirvi tutto il pippone.

LE MIGLIORI LETTURE DEL 2018


Ellie all'IMPROVVISO
di Lisa Jewell

 
Ellie all'Improvviso è quel genere di romanzo che non solo ti tiene con il fiato sospeso, ma riesce a consumarti, a limare gli angoli già smussati del tuo cuore, a farli sanguinare. Raramente un thriller mi commuove, di solito sono altre le sensazioni che provo: sgomento, incredulità, sollievo, ma tra queste pagine ho versato lacrime su lacrime, non puoi chiudere il libro e pensare di essere sopravvissuta indenne alla storia di Ellie, perché c'è un pezzettino di lei in ognuno di noi.
>> recensione completa
Penso che sia stato il libro che su Instagram ho consigliato di più. Ed è stato quello di cui ho chiacchierato di più privatamente. Insomma un libro che fa parlare. Perché alla fine non è il solito thriller, non c'è nulla da scoprire, solo una terribile verità da accettare.
Super consigliato, soprattutto alle lettrici, perché sì, Ellie all'Improvviso è innegabilmente un romanzo molto femminile.



LE SIAMESI
di Alessandro Berselli

 
“questo libro è una piccola gioia per i lettori malati. Qui siamo oltre il noir, siamo oltre il classico romanzo cattivo. Qui siamo a un passo dall'inferno.
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Una scoperta incredibile. Un romanzo davvero cattivo, qui Berselli da del filo da torcere a Morozzi. Se amate le storie malate eccovene una. Servita su un piatto di sangue e argento.



L'OCCHIO PIU' AZZURRO
di Toni Morrison

 

L'Occhio Più Azzurro è una storia che parla di sogni, razzismo e crudeltà.
Toni Morrison ci porta in una terra arida di sentimenti e povera di prospettive, una terra fatta di gente sconfitta, di sogni spezzati, di lotte mai combattute e ci racconta una storia che non vorremo mai aver sentito,  che fa un gran male ma insegna tantissimo.



LA LUNA NERA
di Winston Graham

 

Un altro avvincente capitolo di una saga che porta i segni di un'epoca che sta cambiando, di personaggi che si ritrovano a raccogliere quanto seminato e di sentimenti spesso in balia degli eventi, ma che sono comunque la colonna portante di una storia che non smette di emozionare.
La saga di Poldark è bellissima. I personaggi sono bellissimi. E ogni volta che inizio un romanzo (e siamo già al quinto!) mi sembra più bello del precedente.
Ahhh Ross. Ma ti amo perché sullo schermo hai la faccia di Aidan Turner o perché è bravo Graham?!



LA MORTE NON SA LEGGERE 
di Ruth Rendell

“un perfetto esempio di quel genere noir che pone gli accenti sulle nature distruttive degli esseri umani.
>> recensione completa
Il romanzo con uno degli incipit più belli e d'effetto mai letti.
Non aggiungo altro, faccio parlare "lui".
"Eunice Parchman sterminò la famiglia Coverdale perché non sapeva leggere, perché non sapeva scrivere. Non c'era movente, non ci fu premeditazione: non ottenne denaro, né sicurezza. Unico risultato del delitto fu che non solo una famiglia e un villaggio, ma l'intera nazione seppe dell'analfabetismo di Eunice Parchman. Per sé non ottenne niente, se non la rovina totale. Da sempre, nella sua mente distorta, c'era la convinzione che non sarebbe mai stata in grado di avere successo. Eppure, sebbene la sua amica e complice fosse pazza, lei non lo era. Possedeva quella terribile e realistica lucidità dell'atavica scimmia travestita da donna del ventesimo secolo."



QUELLI CHE MERITANO DI ESSERE UCCISI
di Peter Swanson

 
“Quelli Che Meritano di Essere Uccisi ha i connotati del vecchio noir e non ne tradisce lo schema tipico del genere fino all'ultima pagina. Ti lega a doppio filo e nonostante la trama si snodi come da copione, stiamo parlando di un copione degno di un film, a metà strada tra Il Delitto Perfetto di Hitchcock e L'Amore Bugiardo della Flynn.
>> recensione completa
Non un libro, ma un mantra.
Preparate carta e penna perché dopo averlo letto vi verrà voglia di uccidere un sacco di gente.



MARY E IL MOSTRO
di Lita Judje

 

“Nessun uomo sceglie il male perché è tale,
ma soltanto perché lo confonde con la felicità”

Una serie di acquarelli in bianco e nero fanno da sfondo a una narrazione in versi in cui Mary Shelley ci racconta, in oltre trecento pagine, il prezzo della libertà e dell’uguaglianza e di come dal dolore sia nato Frankenstein, il romanzo che l’ha resa immortale.
Struggente e indimenticabile.



IL RINOMATO CATALOGO WALKER & DOWN
di Davide Morosinotto 

 

Ormai Morosinotto, io e la mia partner in crime Simona, lo stalkeriamo ovunque. Bologna, Mare di Libri, Lucca Comics. Forse un giorno Davide ci denuncerà, chissà.
Comunque Il Rinomato Catalogo Walker & Down è il libro che ogni bambino e genitore dovrebbe leggere, ha il sapore del viaggio, della fuga, della scoperta, ma è soprattutto un rifugio.
Ha vinto il Premio Andersen 2017 come miglior libro oltre i 12 anni e io che ne ho BIIIIP (scusate, c'è stata un'interferenza) l'ho letteralmente adorato!



GLI ANNIENTATORI
di Gianluca Morozzi

 
“Gli Annientatori non è un thriller, non è un horror, non è un noir, eppure è tutte e tre queste cose insieme: un gioiellino imbrattato di sangue capace di stravolgere e sconvolgere.
>> recensione completa
Che gioia scoprire libri così malati, che gioia scoprire che ci sono autori che la notte non dormono ma partoriscono incubi. Grazie Morozzi.



FIORI PER ALGERNON
di Daniel Keyes

 

"Non so cosa sia peggio: non sapere chi sei ed essere felice,
o diventare quello che hai sempre voluto e sentirti solo."

Daniel Keyes scrive Fiori Per Algernon in forma di racconto nel 1956 per poi ampliarlo e trasformarlo nel 1966 in quello che è oggi un grande pilastro della narrativa del Novecento. Umanamente toccante, scientificamente ambizioso, stilisticamente impeccabile, sarà banale nel dirlo, ma questo romanzo è un vero e proprio gioiellino.



L'UOMO DI GESSO
di C. J. Tudor

  
“Un romanzo davvero bello, in cui un inquietante senso di declino e morte sembra contaminare, poco alla volta, cose e persone.
>> recensione completa
Un romanzo che ha sicuramente spaccato in due l'opinione dei lettori. Da una parte chi ha amato i rimandi a opere come It o Stand By Me, dall'altra chi ha trovato nell'Uomo di Gesso un qualcosa di già visto e rivisto. Io l'ho adorato. Ho adorato l'omaggio a Stephen King (e omaggiare un autore non significa a mio avviso copiarlo), e soprattutto ho adorato le atmosfere e il tocco noir. Qui nessuno è davvero innocente. E io che ho un debole per i colpevoli ho apprezzato moltissimo ogni singola pagina.



E adesso tocca a voi!
Anche se in ritardo (ma chi se ne frega,
i libri mica hanno una scadenza!)
quali sono state le vostre letture più belle nel 2018?

26 febbraio 2019

Recensione, ACIDO SOLFORICO di Amélie Nothomb

Lettori buongiorno! Oggi finalmente torna anche qui sul piacere della lettura il Book Bloggers Blabbering, se seguite la pagina facebook saprete che la casa editrice indipendente del mese è Voland e se mi seguite su Instagram (QUI) saprete che ho letto Acido Solforico della Nothomb.
Insomma magari sapete già tutto, in caso contrario ecco la recensione 8)

Acido Solforico di Amélie Nothomb

| Voland | pag. 131 |

Un reality show dall'inequivocabile nome Concentramento, basato su regole che ricordano il momento più orribile della storia dell'umanità. Per le strade di Parigi si aggira una troupe televisiva inviata a reclutare i concorrenti, che vengono caricati su vagoni piombati e internati in un campo dove altri interpretano il ruolo di kapò. La vita di tutti si svolge sotto l'occhio vigile delle telecamere e il momento di massima audience arriva quando i telespettatori decidono l'eliminazione-esecuzione dallo show di un concorrente attraverso il televoto. Gli strali della scrittrice da sempre al centro di polemiche colpiscono questa volta, con meno leggerezza ironica e più disgusto, una società in cui la sofferenza diventa spettacolo.
Amélie Nothomb, con Acido Solforico ha osato molto, portando in scena, addirittura in televisione, la spettacolarizzazione del dolore.
"Concentramento" è un reality show il cui nome dice tutto. Persone comuni raccolte dalla strada in una sorta di vero e proprio rastrellamento vengono poi divise in due categorie, prigionieri e kapò. Tutto procede come da copione. Lavori forzati, violenza gratuita, esecuzioni in diretta. E di questa centrifuga mediatica sono colpevoli tanto gli organizzatori quanto i telespettatori che attraverso audience mai registrati prima continuano a decretare il proseguimento - e il successo - del programma.

Ma come si è arrivati a questo punto?
Amélie Nothomb non spiega, ma provoca e denuncia attraverso due personaggi che sono la rappresentazione stereotipata del bene e del male. Da una parte Pannonique, giovane, bella, piegata dal sistema ma integra nell'animo. Dall'altra Zdena, ignorante, gretta, sadica, violenta. I ruoli sono ovvi. La prigioniera e il kapò. Tra loro si instaurerà una sorta di giocoforza che vedrà Zdena cedere al fascino dell'unica ragazza capace di tenerle testa rifiutandosi addirittura di confessarle il proprio nome. Perché è quello che ci rende umani. Non i codici alfanumerici. E finché avremo un nome da custodire avremo un'identità da rivendicare.

Quella di Acido Solforico è una società priva di valori e di empatia, la televisione è lo specchio del degrado morale a cui si è andati inesorabilmente incontro nel tempo e la ricerca di un'ideale all'interno di un mondo che non ne possiede più appare del tutto vana.
Amélie Nothomb attraverso il personaggio di Pannonique dice no. Lei non ci sta. La sua è una riflessione acuta, spietata, diretta, a tratti feroce e il romanzo, per quanto breve, ha la forza di un carro armato.
Stilisticamente Acido Solforico è semplice e asciutto, ma sa dove colpire, non per niente la sua pubblicazione ha scatenato diverse polemiche tra la stampa e i giornali (coda di paglia?) ma ha subito trovato il consenso dei lettori (lungimiranti?) che forse, a questo gioco, non ci vogliono giocare.
Attenzione, non stiamo parlando di un romanzo contrario alla televisione, ma solo a un certo modo di fare televisione, e non è nemmeno un libro sulla Shoah, ma in qualche modo ci vuole portare a non dimenticare, in qualche modo lancia un monito che sarebbe bene cogliere.
Devo ammettere che mi sono portata addosso questa lettura per diversi giorni e se dovessi riassumere il mio stato d'animo con una sola parola l'unica che mi viene in mente è indignazione. Custodiamo questa emozione. È grazie a lei che troveremo la forza di ribellarci quando la nostra dignità verrà calpestata.

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Il Book Bloggers Blabbering


21 febbraio 2019

Recensione, BEZIMENA di Nina Bunjevac

Lettori bentrovati, oggi vi porto la recensione di un romanzo grafico straordinariamente potente che vorrei consigliare a tutti ma che so non essere per tutti.
Leggete... e traete le giuste conclusioni.

 Bezimena di Nina Bunjevac

| Rizzoli Lizard, 2018 | pag. 224 |

Benny lavora come guardiano in uno zoo. Un giorno, tra i visitatori nota una donna che gli ricorda qualcuno. La osserva dalla finestra del rettilario: è candida come neve e ha con sé un taccuino da disegno che tiene stretto fino a quando, un attimo prima di andare via, lo dimentica davanti alla vasca degli orsi polari. Per Benny la donna non l'ha lasciato lì per caso: quel taccuino è un'esca, il segnale che dà il via a un gioco di seduzione in cui lui è la vittima designata. O forse è solo il primo passo verso il buio che ha sempre cercato. Con il suo segno denso e corporeo, Nina Bunjevac ha creato una parabola moderna che illustra senza ipocrisie la brutalità della violenza sessuale. Un'opera che ritrae la spaventosa normalità di chi giustifica l'orrore delle proprie azioni.
Voto:

Credo che Bezimena sia il romanzo grafico più potente e coraggioso che abbia mai letto. E non mi viene in mente nulla che gli si possa anche solo minimamente avvicinare. Nina Bunjevac fa un lavoro quasi chirurgico nel forgiare un'opera che è un piccolo capolavoro di stile, ogni pagina è un quadro in cui ci si perde senza accorgersi del tempo che passa e per quanto conti solo 224 pagine vi assicuro che un volume del genere lo sfoglierete infinite volte.
Io, per esempio, dopo aver letto la postfazione, ho sentito il bisogno di ricominciarlo immediatamente, perché le parole finali dell'autrice sono in grado di riconsegnare la storia priva di quelle ombre che potevano aver offuscato, in parte, una prima lettura.

Di cosa parla Bezimena? Nina Bunjevac attraverso il mito di Artemide e Siprete - in cui un giovane viene tramutato in donna per aver sorpreso la dea fare il bagno nuda - racconta la storia di Benny, un bambino tanto voluto dai genitori quanto incompreso, un ragazzino con evidenti problemi comportamentali e precoci impulsi sessuali che si cercheranno di reprimere con metodi a dir poco ortodossi.
Benny crescerà ai margini del mondo e finirà per lavorare come custode di un giardino zoologico, ma la sua vera natura, messa a tacere da un'educazione ottusa e bigotta, troverà il modo di avere il sopravvento. I primordiali impulsi sessuali offuscheranno la ragione del ragazzo che si creerà una serie di alibi attui a giustificare le proprie terribili azioni. Perché Benny diventerà uno stupratore.

Il grande coraggio di questo fumetto sta proprio nel raccontare una storia di abusi e violenze spostandosi dalla parte del carnefice, entrando nella sua mente, ed è con estrema lucidità che l'autrice guarda attraverso il riflesso di uno specchio che non consegna a Benny la verità, ma una visione completamente distorta della realtà che lo circonda. Ed è quella la realtà che ci viene inizialmente mostrata. Una realtà fatta di donne che sono oggetto di un desiderio ricambiato e di segreti appuntamenti fissati da un destino che ha già visto e scritto tutto.

Bezimena è un romanzo che è condanna ed espiazione insieme. Nina Bunjevac, già conosciuta attraverso Fatherland, Educazione di un Terrorista, in cui ha raccontato le origini della sua famiglia attraverso un romanzo forse più storico che introspettivo, questa volta mette a nudo, indirettamente, una parte della sua vita che non vuole e non può dimenticare. Spettatrice silenziosa di quello che fu un giro di violenze e prostituzione, la Bunjevac denuncia, confessa, smonta ipocrisie e brutalità con pochissime parole e un tratto grafico che è all'apice della sua potenza narrativa, consegnando al lettore una testimonianza durissima.
Bezimena è esplicito, molto esplicito, e deve esserlo, perché la violenza non ha pudore e non c'è nulla che possa alleviarne o giustificarne il dolore.

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19 febbraio 2019

Recensione, ADDICTED di Paolo Roversi

Mi tolgo subito un sassolino dalla scarpa anche se avrei altre recensioni a cui dare la precedenza, ma la delusione è stata troppo grande e il bisogno di condividere con voi il mio pensiero troppo forte.
Ovviamente questa è solo la mia opinione, quindi se il libro in questione vi è piaciuto io sono contenta per voi. Un po' meno per me, ma pazienza, fa parte del gioco di essere lettore.

Addicted di Paolo Roversi

| Sem, 2019 | pag. 189 |

Rebecca Stark è una brillante psichiatra londinese che ha messo a punto un innovativo sistema per guarire la gente dalle proprie ossessioni. Il metodo Stark è così efficace che un magnate russo, Grigory Ivanov, decide di affidarle la conduzione della Sunrise, la prima di una serie di cliniche all’avanguardia, disseminate in tutto il pianeta, che aiuteranno le persone ad affrancarsi dalle loro peggiori addiction.
Viene così lanciata una campagna pubblicitaria a livello mondiale. Il primo centro apre in Italia, in Puglia, all’interno di un’antica masseria ristrutturata, circondata da campi e ulivi. Un posto perfetto per accogliere i pazienti che, come parte integrante della cura, dovranno lavorare, cucinare e dedicarsi alle pulizie. Vivranno, insomma, come una piccola comunità isolata.
Fra le centinaia di richieste che arrivano vengono selezionati sette candidati da diversi Paesi: Lena Weber, ossessionata dalla perfezione fisica; Jian Chow, web designer e hacker voyeur; Rosa Bernasconi, una ragazza tecno dipendente; Claudio Carrara, giocatore d’azzardo compulsivo; Julie Arnaud, manager ninfomane; Tim Parker, trader cocainomane; e, infine, Jessica De Groot, autolesionista.
All’inizio della terapia tutto sembra girare nel migliore dei modi ma, ben presto, alcuni pazienti scompaiono misteriosamente. Complice una pioggia torrenziale che tiene segregati gli ospiti, impedendogli la fuga e ogni contatto con l’esterno, comincia da quel momento un macabro gioco al massacro.
Voto:

Brutto. Non mi viene in mente un altro aggettivo per definire questo libro e nonostante sembri la solita guastafeste (a quanto pare Addicted sta piacendo a molti lettori!) giuro che mi sono impegnata per trovarci qualcosa di buono ma, o mi serve un cane per ciechi, o forse c'è davvero poco da salvare.
Non butto via l'idea, la premessa in sé non è male, un gruppo di persone affette da varie tipologie di ossessioni - che possono andare dal controllo maniacale della propria forma fisica, alla ludopatia - vengono rinchiuse in una clinica in cui, grazie a un nuovo metodo sperimentale, guariranno nel giro di un mese.
Interessante? Sì, peccato che per le prime cento pagine non succeda assolutamente nulla e considerando che il libro ne conta centottanta non è proprio il massimo. Non si crea nemmeno quella sorta di sottinteso malessere, le atmosfere non sono suggestive (ma la clinica del Ladro di Anime l'avete presente? ecco quella è una location coi controca**i!) e si procede un po' per inerzia e un po' perché lo stile di Roversi è semplice e scorrevole. Ma attenzione, uno stile semplice, ci tengo a sottolinearlo, può essere anche incisivo, potente, evocativo, ma in questo caso siamo a livelli basici. Quasi banali. I personaggi sono privi di un certo spessore psicologico, le situazioni sono narrate senza enfasi e anche i capitoli, brevi, non hanno le tipiche frasi ad effetto che ti invogliano a continuare. Questa povertà stilistica ti porta a vivere la storia con estremo distacco, senza paure, ansie, brividi.
E io da un thriller cerco questo. Pressione che sale, battiti cardiaci che accelerano, pupille che si dilatano.
Non una psicologa che dice ai suoi pazienti, con tono solenne, "adesso tutti a nanna." Nemmeno fossero dei bambini o dei cerebrolesi. Sono diverse le scelte che proprio non sono riuscita a digerire, come il modo di apostrofare i pazienti non chiamandoli sempre per nome ma in base alla loro nazionalità, il tedesco, l'olandesina, la francese, o il blando tentativo di omaggiare il capolavoro della Christie, Dieci Piccoli Indiani attraverso la progressiva scomparsa dei pazienti. Insomma, per me è tutto un grande "no".
Alla fine mi sono domandata cosa avessi appena finito di leggere.
Un romanzo psicologico? No, non c'è nessun tipo di approfondimento, i personaggi sono strettamente funzionali alla trama, ma non coinvolgono e non emozionano.
Un thriller? Manca la suspense, quindi no.
Un giallo? Mhhh... nemmeno, non ci sono indizi e manca la ricostruzione logica finale. C'è solo uno spiegone parecchio tirato per i capelli.
Poi ragazzi io sono sempre pronta a cospargermi il capo di cenere e a dire che quella che non ci capisce un'acca di thriller sono io, ma insomma, ne ho letti così tanti che sento di avere anche i mezzi per giudicare un libro in modo abbastanza oggettivo, e oggettivamente, agli amanti del genere, Addicted molto probabilmente non piacerà. A tutti gli altri forse sì.

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11 febbraio 2019

Recensione, NON È TE CHE ASPETTAVO di Fabien Toulmé

Lettori buongiornissimo e buon lunedì, anche se questa cosa non credo sia possibile. Può mai essere "buono" un lunedì? Bah. E può un consiglio libroso renderlo meno amaro di quanto già non sia? Proviamo :)
Oggi infatti vi porto la recensione di un fumetto davvero bello che non potete assolutamente non leggere. È un libro che fa bene... ma anche un po' male... ed è un libro che tra le lacrime vi  strapperà anche un sorriso.

Non È Te Che Aspettavo di Fabien Toulmé

| Bao Publishing, 2018 | € 20,00 | pag. 211 |

Fabien Toulmé è diventato fumettista per raccontare questa storia. La storia di come ha temuto, saputo e poi accettato che la sua seconda figlia avesse la sindrome di Down. Non è te che aspettavo è un libro vero, dolce, che insegna a piegare ordinatamente la paura e a farne un bagaglio che possiamo portare con noi senza mancare mai dello spazio che ci servirà per la gioia che ancora dobbiamo provare, per l'amore che ci sorprenderà lungo la strada. Non è te che aspettavo è un racconto, una testimonianza, una prova tangibile della capacità umana di vedere il meglio nelle persone.
Voto:

Ma che bel fumetto. Semplice, pulito, onesto, spesso ironico, di sicuro tanto, tanto umano.
Tra queste pagine l'autore si mette totalmente a nudo e racconta cosa significa essere genitore di una bambina affetta da trisomia 21.
Le probabilità di partorire un figlio con la sindrome di Down sono pari a quelle di vincere alla lotteria, questo viene detto a Fabien e a Patricia che, contro ogni previsione, avranno Julia, una bambina con il cromosoma 21 in soprannumero.
Per Fabien è il concretizzarsi di tutte le sue paure. Lui non la voleva una bambina così. Pensa alla vita che li attenderà, ai pietosi sguardi della gente, ai viaggi che non potranno fare, alla vecchiaia che non si godranno e odia tutto e tutti per quel fardello inaspettato e indesiderato. Proprio a loro doveva capitare? È così grande il dolore che ha addirittura paura di non riuscire ad amare sua figlia, e dire che con Louise, la primogenita, avrebbero potuto dargli l'oscar come papà dell'anno... invece Julia non riesce nemmeno a prenderla in braccio.


Essendo una storia sull'accettazione il punto di partenza e quello di arrivo sono ovvi, ma l'autore è veramente bravo nel rendere tutto terribilmente vivo e vero. Non c'è alcuna ipocrisia tra queste pagine, solo una dura verità che ti viene sbattuta in faccia senza esclusione di colpi. Ed è qui l'indiscussa forza di Non È  Te Che AspettavoFabien Toulmé non fa il buonista,  ma dimostra un grande coraggio nel mettere nero su bianco quei pensieri che molti non confesserebbero mai per vergogna. Per questo mi sono commossa. Per la grande umanità che sprigionano queste pagine. Perché è giusto sapere che le paure non ci rendono persone peggiori, ed è nell'affrontarle che diventiamo migliori.
Nonostante dica sempre che i fumetti mi emozionino a fatica in quanto finiscono troppo in fretta, questa volta le cose sono andate diversamente, questa volta la lacrima mi è addirittura scesa e la storia di Julia, che si è fatta voler bene nonostante gli occhi a mandorla, e il collo un po' più grosso del normale, me la sono portata dentro per giorni.


A contrastare questo turbinio di emozioni c'è il tratto grafico semplice ma efficace di Toulmé che ha scelto di arrivare al lettore attraverso una doppia bicromia che alterna i toni caldi del giallo e del rosso a quelli freddi del verde e dell'azzurro comunicando così uno stato d'animo ben preciso senza risultare però invadente.
Insomma, che altro dire? Non È  Te Che Aspettavo sfiora la perfezione. Infatti avendolo letto in digitale bramo l'edizione cartacea, perché l'opera di Toulmé si merita assolutamente un posticino d'onore nella mia libreria. 


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#ad Farmacia Fornari



Chi mi segue sui social non solo è sempre aggiornato sulle mie avventure libresche, ma anche su quelle di Lancillotto e Ginevra e proprio pochi giorni fa ho postato su Instagram una foto della mia gatta che faceva la vittima. Insomma guardatela, le mancava un termometro in bocca e una borsa del ghiaccio sulla testa e questa foto sarebbe stata perfetta. Ginevra esce, va in terrazza, va anche sul tetto... e poi si ammala. Però è giovane e anche se delicata è forte, quello che invece ha bisogno di più attenzioni è Lancillotto.


Il mio aMMMore ha già quattordici anni e ha un problema grande e uno un po' più piccolo.
Partiamo dal grande. Lancillotto soffre di crisi epilettiche. Quindi guai a restare senza medicine. Medicine che deve prendere regolarmente, due volte al giorno senza mai sgarrare!
Il problema piccolo è che soffre di otite. Dal veterinario fa un trattamento ogni due anni che lo aiuta molto, ma sono sempre alla ricerca di prodotti casalinghi che lo aiutino a star meglio. Tipo Otodog, tanto per fare un nome. Abitando anche "là sui monti con Annette" gli store online per me sono la vita.


La Farmacia Fornari è un esempio di store online (ma anche fisico, si trova a Bordolano in provincia di Cremona) veloce ed efficiente, per qualsiasi dubbio rispondono al telefono e se vi serve una bella scorta di farmaci da banco sopra i 65,00 euro le spese di spedizione sono gratuite.
Sinceramente l'Oki lo trovo un po' dappertutto, mentre quello che serve ai miei bestioli no, poi sono pigra, amo mettermi comoda a guardare i prodotti, voglio poter avere una vasta scelta e voglio anche poter ordinare quello che eventualmente non è a catalogo.
Su questo sito è possibile: https://www.farmaciafornari.it/
Quindi Lancillotto keep calm and non grattarti. Mamma ti compra la soluzione per l'igiene auricolare (https://shop.farmaciafornari.com/prodotti-per-cani/ a questo link ci sono tantissimi prodotti per la cura e la pulizia del vostro amico peloso). E Ginevra... se la smettessi di uscire e prendere freddo mi faresti un piacere.




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