16 febbraio 2017

Recensione, YELLOW BIRDS di Kevin Powers

Sto cercando di recuperare alcune vecchie recensioni, perché di certi titoli, non avervi ancora parlato, è quasi vergognoso.
Quelle di stasera sono poche parole, ma spero vi convincano a leggere questo romanzo che non è solo un libro di guerra, ma molto, molto di più.

Yellow Birds di Kevin Powers

| Einaudi, 2013 | pag. 192 | € 17,00 |
Partiti a diciott'anni. Talmente impreparati, talmente ingenui da credere che insieme ce l'avrebbero fatta. Bartle è devastato dal senso di colpa. Per non avere impedito che Murphy morisse. Per non essere riuscito ad attenuare la brutalità e l'orrore della guerra. Ora che è tornato a casa, vede Murphy ovunque. Insieme alle altre immagini dell'Iraq: i cadaveri che bruciano nell'aria pungente del mattino, i proiettili che si conficcano nella sabbia, le acque del fiume che ha inghiottito il loro sogno. E il tormento per la promessa che non ha saputo mantenere non gli dà pace. "Il miglior romanzo che abbia letto sulla guerra: essenziale, incredibilmente preciso, perfetto. Probabilmente è il libro più triste che io abbia letto negli ultimi anni. Ma triste in modo importante. Dobbiamo essere tristi, profondamente tristi, per quel che abbiamo fatto in Iraq". (Dave Eggers)
Voto:

Sono morta. Sono morta, risorta e poi di nuovo morta.
Non so quante volte questo libro mi abbia uccisa, ma non sono state poche.
Come spesso mi capita l'ho iniziato senza sapere nulla della trama, affidandomi ciecamente all'autore che a combattere in Iraq c'è stato davvero, e non per fare l'eroe, ma per pagarsi il college. Sei anni della sua vita in cambio di cinquantamila dollari. Mai scelta fu più sbagliata, mai scelta ha avuto un prezzo tanto alto da pagare. E così Kevin Powers ha voluto scrivere un libro che è la cronaca di un dolore, di un ripianto, di un qualcosa che non potrà mai più riavere indietro.
«La guerra provò a ucciderci in primavera. Quando l'erba tingeva di verde le pianure del Ninawa e il clima si faceva piú caldo, pattugliavamo le colline basse dietro città e cittadine. Superavamo le alture e ci spostavamo nell'erba alta mossi dalla fede, aprendoci sentieri con le mani come pionieri, tra la vegetazione spazzata dal vento. Mentre dormivamo, la guerra sfregava a terra le sue mille costole in preghiera. Quando arrancavamo, sfiniti, i suoi occhi erano bianchi e spalancati nel buio. Se noi mangiavamo, la guerra digiunava, nutrita dalle sue stesse privazioni. Faceva l'amore e procreava e si propagava col fuoco. Poi, in estate, la guerra provò a ucciderci mentre il calore prosciugava dei colori le pianure».
Su queste pagine ci sarebbe tanto da dire, ma mi chiedo quanto una recensione lunga ed esaustiva serva davvero. Yellow Birds andrebbe semplicemente inserito nella lista dei cento titoli da leggere una volta nella vita, per tanti motivi. Non è solo un romanzo, ma una testimonianza. Powers è un poeta, unisce alla durezza del racconto una prosa lirica che ti porta quasi a crogiolarti nella bellezza delle parole, per farti poi sprofondare in un abisso di sangue e morte.
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2 commenti: