30 aprile 2019

Recensione, Figlio Unico di Mei Fong

Lettori belli buon pomeriggio e come ogni mese buon #BBB!
La Carbonio Editore è stata la piacevolissima scoperta di Aprile e il libro che ho scelto di leggere mi è piaciuto moltissimo. Non ciancio oltre e vi lascio quindi alla recensione!

Figlio Unico di Mei Fong

| Carbonio Editore | pag. 265 |

Nel 1980 il Partito comunista cinese ha adottato ufficialmente la politica del figlio unico per arginare la crescita demografica e rilanciare l'economia del Paese. Ma a quale prezzo? Le leggi di pianificazione familiare hanno causato aborti, sterilizzazioni forzate, abbandoni, infanticidi. E non solo: hanno prodotto una moltitudine di secondogeniti ignorati dallo Stato, un fiorente mercato nero delle adozioni e una serie di drammatici effetti collaterali che ancora oggi continuano a funestare la società cinese, come il notevole invecchiamento della popolazione e un'inquietante disparità di genere, conseguenza degli aborti selettivi. In un lungo viaggio attraverso la Cina, la giornalista Premio Pulitzer Mei Fong analizza le ripercussioni della politica del figlio unico nella società contemporanea, intrecciando le storie private della gente intervistata con il racconto delle sue vicende personali sullo sfondo di eventi epocali, quali il devastante terremoto del Sichuan e le grandiose Olimpiadi del 2008. Il suo reportage ci mostra un Paese ferito, vittima di una legge crudele destinata ad avere un impatto drammatico anche sul resto del mondo nei decenni a venire.
La Cina, nota per il suo autoritarismo pragmatico, negli anni ottanta adottò una politica atta al controllo demografico per sopperire all'incremento di quasi 30 milioni di persone verificatosi durante il governo di Mao Tse-Tung. La cosa "divertente" è che sociologi ed economisti furono tagliati fuori dai processi decisionali e la soluzione al problema fu affidata a un gruppo di scienziati missilistici i quali si dimostrarono pessimi conoscitori del comportamento umano. Strano eh?!
A distanza di quasi mezzo secolo si può tranquillamente affermare che quello del figlio unico fu un esperimento sociale fallimentare sotto tutti i punti di vista. Oggi in Cina il numero dei pensionati sta superando quello dei lavoratori e se prima si facevano anche sei figli è raro arrivare a due. Il Paese è tragicamente diviso tra modernità e tradizione e per molti è impossibile dimenticare quanto subito. D'altronde, come si fanno a seppellire decenni in cui, per essere considerato una persona, non bastava venire al mondo?
Mei Fong, giornalista cilo-malese, ha sentito il bisogno di scavare, di sapere, di capire, e questo libro si è rivelato molto più intimo di quanto mi aspettassi.
Figlio Unico non è un insieme di dati e informazioni, ma di vite che si incrociano e amalgamano tra agghiaccianti verità e dolori indicibili. E, ironia della sorte, mentre Mei Fong incontra e intervista famiglie che sono state vittime dello Stato, parallelamente c'è la sua di storia, quella di una donna che vorrebbe diventare madre ma la natura sembra impedirglielo. La Cina è una terra ostile per Mei Fong e per quanto forte sia il suo richiamo, c'è qualcosa che le impedisce di mettere radici.

Devo dire che a livello umano e psicologico è stato un viaggio duro. Ma è stato un viaggio fatto di voci che nessuno voleva ascoltare e, nel mio piccolo, desideravo affrontarlo.
E così ho conosciuto i secondogeniti, gli hei haizi, anche detti figli in nero, esseri umani privi di qualsiasi diritto, impossibilitati a studiare, lavorare, curarsi, sposarsi. Molti hei haizi non vivono semplicemente nell'ombra ma sono stati comprati, venduti, rubati appena nati; privati di un'identità si sono visti negare anche un futuro. O, al contrario, hanno perso il contatto con il loro passato. Oggi però esiste il test del DNA; un'arma a doppio taglio, potenzialmente devastante, per ritrovare il loro ago biologico in un pagliaio con miliardi di pagliuzze. Quanti bambini adottati all'estero vorranno sapere, un giorno, da quali braccia sono stati strappati?Mi ha colpito molto l'episodio dell'ottomamma, una donna che è riuscita ad avere otto figli, ma quando è stata scoperta incinta l'hanno costretta ad abortire tra grida e lacrime.
Le interruzioni di gravidanza erano ovviamente all'ordine del giorno, così come le sterilizzazioni e le sanzioni imposte alle famiglie che trasgredivano alle regole. Una multa poteva essere pari a dieci volte il reddito annuale del reo. Gli addetti alla pianificazione familiari erano senza scrupoli, non c'era pietà, ma solo ordine e rigore in funzione di un unico obiettivo da perseguire.
Tra queste pagine, come avrete capito,  c'è l'orrore vero. Quello dell'uomo perpetrato a un altro uomo. E ci sono le parole bellissime e toccanti di una giornalista che racconta uno spaccato di Storia come se fosse una favola terribile, ma necessaria, da tramandare ai bambini affinché sappiano e non dimentichino.
Nel 2013 la politica del figlio unico viene abolita, lo Stato esce finalmente dalle camere da letto dei suoi abitanti, non si insinua più nell'utero delle donne, ma forse è troppo tardi. Forse guardare avanti non è possibile quando alle spalle ci sono cicatrici così profonde e forse solo il tempo aiuterà un Paese tanto grande ma con orizzonti tanto limitati.

Mei Fong è una giornalista sino-malese naturalizzata americana, membro del think tank New America. Trasferitasi negli Stati Uniti con una borsa di studio alla Columbia University, ha iniziato a collaborare con il Wall Street Journal nel 2001, vincendo numerosi premi giornalistici, tra cui l'Amnesty International Human Rights Press Award. Vive a Washington. Ha vinto nel 2007 il Premio Pulitzer nella categoria International Reporting.
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