E mentre nel web spopolano i post dedicati agli Oscar, io preferisco dar sfogo alla mia vena sadica parlandovi dei film più brutti del 2015... e chi poteva vincere se non 50 Sfumature di Grigio?
Come sapete il romanzo l'avevo trovato pessimo (qui la recensione), ma l'omonima trasposizione cinematografica è qualcosa di inguardabile, un abominio di noia e nonsense di cui vi ho parlato più approfonditamente nella rubrica libro vs film. Per fortuna una giuria - che a questo punto "giudico" molto competente - è rimasta sconvolta quanto me da cotanta schifezza!
Ai Razzie Award si becca infatti ben quattro statuette. peggior film - e non c'erano dubbi.
peggior attore protagonista - Jamie Dornan - "occhio da triglia" non ha incantato nessuno.
peggiore attrice protagonista - Dakota Johnson - povera, in fondo non era facile interpretare la "classica" brava ragazza dall'anima candida e dagli impulsi più sozzi di un paio di calzini portati per una settimana... le mando il mio abbraccio virtuale.
peggiore coppia sullo schermo - credibili quanto Brunetta e la sua dolce metà.
peggior sceneggiatura - un erotico che concilia il sonno si era mai visto? Adesso sì!
Anche I Fantastici Quattro si sono fatti notare.
peggior film - a parte il film... solo io non posso più vedere Miles Teller?!
peggior remake - e già quello del 2005 non era chissà che... peggior regia - amen
Fino a poco tempo fa avrei esultato nel vedere Eddie Redmayne in un post del genere, ma dopo the Danish Girl e La Teoria del Tutto le cose sono cambiate. E parecchio. Comunque il poverino si è aggiudicato una statuetta come peggior attore non protagonista per la sua interpretazione in Jupiter e dalla sua foto qui sopra... emh... potrei quasi essere d'accordo °_°
E per finire Sylvester Stallone - candidato ai Razzie innumerevoli volte - vince il Redemption Award il premio assegnato a quegli attori che nel tempo si sono migliorati. Insomma, era quasi d'obbligo essendo candidato addirittura come miglior attore non protagonista per Creed, Nato per Combattere. Bravo Syl, il botulino ti ha fatto del bene!
A volte vorrei parlare dei film che mi capita di vedere, ma poi penso che un blog di libri non sia il posto giusto. Allora penso di parlare dei film tratti dai libri, questa cosa avrebbe senso, no? Ma quello che ne viene fuori non è mai una recensione, ma continui paragoni tra due opere dalla struttura tanto diversa. E così nasce questa rubrica (che posterò di giovedì) in cui mi divertirò a mettere sul piatto della bilancia un'opera letteraria e una cinematografica e vedere da che parte penderà l'ago.
LIBRO VS FILM
chi vincerà?
Oggi in sfida
Insurgent
Vince il libro!
Post chiacchiericcio quello di oggi, anche perché non solo ho il criceto del computer che vuole dare forfait, ma anche il mio cellulare ha pensato di mettermi il bastone tra le ruote passando a miglior vita. In pratica per scrivere due righe qui sul blog mi devo armare di santa pazienza e sfruttare l'ipad di mamma o quel rudere di computer che ha mio padre.
Ma veniamo a noi.
Se non sbaglio non ho mai fatto un libro VS film per Divergent, quindi in breve ecco cosa penso della prima trasposizione cinematografica del romanzo di Veronica Roth (qui invece cosa penso del libro).
Sceneggiatura: il libro è stato adattato bene, diciamo che avrei omesso alcuni particolari a favore di altri, ma nel complesso le due ore abbondanti di film passano che è una meraviglia.
Cast: Promossi Shailene Woodley e Theo James, forse lui è pure troppo figaccione, ma sul grande schermo tutto fa brodo. Ansel Elgort è un Caleb ancora ibrido, mentre totalmente sfocati sono i personaggi secondari, da Christina (Zoë Kravitz) a Peter (Miles Teller) che non hanno ancora abbastanza spessore per suscitare emozioni. Ci sono e basta...
A proposito di questo "ci sono e basta" devo dire che la sensazione di essere di passaggio è un po' il difetto dei romanzi, perché la Roth ha riempito le pagine di personaggi secondari che vanno e vengono, sono così tanti che quando muoiono ringrazi pure il cielo, perché avrai un nome in meno da ricordare, ma nel film non doveva essere così. Nel film ci dovevano essere attori capaci di bucare lo schermo con poche battute, cosa che purtroppo non è successa. Insomma Christina è la migliore amica di Tris, un'amica con gli attributi tra l'altro, invece è una presenza quasi del tutto superflua e anche Peter nel primo episodio non è sufficientemente cattivo e ambiguo... sì, ti sta sulle balls, ma non ti fa venire la pelle d'oca come nel libro.
Perfetta invece Kate Winslet (la Roth deve farle un monumento per questa Jeanine), e diciamocelo... lei quando non lo è?
Caleb in versione: "chi sono? dove sono? cosa faccio?"
Ma passiamo a Insurgent. Premettendo che per me è il romanzo più riuscito della trilogia (qui la mia recensione) posso dire che il film non mi ha assolutamente delusa. Ho fatto bene a non guardarlo quando ero troppo fresca di lettura, probabilmente sarei entrata in fase fangirl e avrei criticato tutte le modifiche apportate alla trama (che sono tante!), ma a distanza di un anno devo ammettere che la sceneggiatura è stata adattata al meglio e che il tutto risulta incalzante e pieno d'azione.
In realtà quello di Insurgent è un libro molto psicologico e introspettivo. Tantissime pagine sono dedicate al dramma che sta vivendo Tris e nella pellicola c'è solo una piccola parte di quella protagonista autolesionista, dilaniata dai dubbi e distrutta dai sensi di colpa che abbiamo conosciuto grazie alla Roth. La Tris del film non ha paura di impugnare una pistola e non ha nemmeno paura del sesso che pratica come se non ci fosse un domani, perché... be', in effetti... chi lo sa se ci sarà un domani, quindi - diciamocelo - fa benissimo a darci dentro prima che sia troppo tardi! 8)
Nel romanzo c'è sicuramente troppa carne al fuoco, bruciarla tutta sarebbe stato impossibile, ma nonostante i tagli (necessari) e gli adattamenti (ben congegnati) ho avuto la sensazione che il film restasse strettamente funzionale al libro. In pratica guardandolo mi sono più volte domandata se potrebbe piacere anche a chi non è un fan della Roth e una risposta non me la sono ancora data.
Difetti oggettivi poi ce ne sono. Theo James non sa fare altro che sciogliersi per Tris, Miles Teller è un Peter più convincente che in Divergent, ma io non ci posso fare niente, ogni volta che lo guardo penso a come saltellava (male) nel remake di Footloose (anche lì rivestiva un ruolo che gli andava tre taglie più stretto). Stesso discorso per Ansel Elgort che non ha niente del meraviglioso Augustus di Colpa delle Stelle; è vero che Caleb è un codardo traditore, ma non l'ho trovato abbastanza subdolo. Stessa cosa per Naomi Watts che non rende giustizia alla madre di Quattro, sarà che hanno solo sedici anni di differenza, ma non era l'attrice giusta per un ruolo simile. La cosa quasi assurda è che il cast di questa serie è davvero stellare, e forse è proprio qui che sta il problema.C'è troppo individualismo, ognuno focalizza l'attenzione sul proprio nome e non sul proprio personaggio e tra di loro si amalgamano come l'acqua con l'olio. A parte Tris e Quattro ovviamente, che lovvo sempre e comunque <3
Infatti, nonostante tutto, Insurgent mi ha ributtato in fase fangirl. Ho rielaborato il romanzo, ci ho aggiunto le scene del film, e adesso nel mio cervello la storia della Roth è in 3D. Una figata.
Per quanto riguarda Alleggiant invece il mio dilemma al momento è uno solo. Quand'è che Tris ha avuto il tempo per andare dal parrucchiere?
Quella di oggi non sarà una recensione, ma una considerazione su un romanzo che mi ha letteralmente spaccata in due mettendo addirittura a tacere il mio innato bisogno di condividere qui sul blog il pensiero che ho a riguardo.
E' stato il trailer del film a farmi cambiare idea. Vedere Io Prima di Te sullo schermo del mio precario piccino (è il nome del mio piccolo e sgangherato computer) ha riportato a galla una marea di emozioni contrastanti.
Quindi mettetevi comodi, ma solo se 1) avete letto il libro 2) sapete già come finisce 3) non ve ne frega niente degli spoiler.
Ok, a questo punto procediamo.
Che il romanzo sia un buon romanzo è indiscusso, credo sia un dato puramente oggettivo che la Moyes sappia scrivere ed emozionare, e nonostante tratti un tema spinoso come quello dell'eutanasia l'autrice non è stucchevole e melodrammatica, anche perché non avrei sopportato un protagonista che decide di farla finita e che si piange addosso per quasi 400 pagine. Il bello - si fa per dire - è che in questo genere di libri è proprio il contrasto che si viene a creare tra la narrazione e quello che c'è sotto ad annientarti. Durante la lettura ti innamori dei personaggi, ridi con loro, senti il battito del tuo cuore che accelera... e poi alla fine ecco che ti arriva una bella mazzata tra capo e collo.
Fin dall'inizio si sa che la condizione di Will, divenuto tetraplegico in seguito a un incidente, sarà la colonna portante di tutta la trama, e fin dall'inizio si spera che Lou - insolita, divertente e stravagante ragazza di provincia - possa ridargli la voglia di vivere, ma non sarà così.
Allora io mi chiedo... che senso ha questo libro? L'ho letto tutto d'un fiato, ho amato Will, ho amato ogni suo gesto, ma alla fine non ho potuto fare a meno di domandarmi "sei un uomo pieno di coraggio fin dentro al tuo compromesso midollo, o sei solo un fottutissimo codardo?"
Ovviamente mentre ero immersa nella lettura Will era il classico protagonista dalle palle quadrate, ma i dubbi sono arrivati a posteriori.
Attenzione, non nego che il significato del libro sia profondo e che tocchi un tema molto delicato con grandissimo tatto, e non sono nemmeno contraria al suicidio assistito, ognuno deve poter fare della propria esistenza quello che crede, ma quando Will dice che dall'incidente - morire - è la prima cosa che sceglie di fare in modo autonomo, dico che non è vero! (è tetraplegico non cerebroleso!). E quando dice a Lou che i sei mesi passati con lei sono stati i più belli della sua vita, dico balle!
Volevo dargli ogni briciolo di vitalità che sentivo e costringerlo a vivere. Mi resi conto che avevo paura a vivere senza di lui. “Com’è che tu hai il diritto di distruggere la mia vita” volevo chiedergli “ma io non ho voce in capitolo nella tua?” Ma avevo fatto una promessa.
Will, mentre è seduto sulla carrozzina, mentre Lou lo cura, gli parla, lo conforta e lo ascolta, fa una cosa terribile. La fa innamorare. Doveva succedere il contrario, invece è lui a farla cambiare. Lou scopre un mondo pieno di possibilità, si scopre audace, coraggiosa, indipendente, piena di voglia di sapere. E intanto lui che fa? La guarda, sorride, gode della sua vista e nonostante tutto continua a pensare che morire sarà comunque l'unica via d'uscita.
Ovviamente Louise pensa di poter ridare a Will sogni e speranze, di potergli bastare e di poter avere un futuro con lui, ma da brava illusa si sbaglia di grosso.
Se dovessi giudicare Io Prima di Te in base alle lacrime versate dovrei darci cinque stelle, se dovessi farlo in base alla rabbia che mi è salita a posteriori dovrei buttarlo dalla finestra e mettermi l'anima in pace. Ma non è tutto bianco o nero, lo so, e rileggendo quello che ho scritto finora mi sembra di essere una stupida che crede nelle favole, cosa che non è assolutamente vera. Anzi. Nei romanzi cerco sempre la verità, odio le ipocrisie, le falsità, tutto quello che è politicamente troppo corretto. Insomma, forse dovrei amare alla follia questo romanzo, invece quando si toccano certi tasti non sono più la solita cinica che critica il buonismo dirompente e dilagante a cui ci stanno abituando tanti autori. Non ci riesco. Anche perché nella scelta di Will, sotto sotto, vedo un messaggio pieno zeppo di retorica.
Sarà che ho visto combattere persone per molto meno, sarà che ho visto gente aggrapparsi a speranze del tutto inesistenti e sarà anche che il protagonista della Moyes ha una vagonata di soldi che gli permettono di avere - passatemi il paragone forzatissimo - gambe e braccia. Per quanto sia disperata la sua situazione, non lo sarà mai quanto quella di chi non ha il becco di un quattrino.
Quando lessi la storia di Lou e Will ero reduce da La Teoria del Tutto e avevo da poco rivisto in tv Quasi Amici. Storie vere ci tengo a sottolinearlo. Nel primo caso vediamo Stephen Hawking che a causa di una malattia del motoneurone è condannato all'immobilità eppure, dopo quasi quarant'anni di calvario, oggi è direttore del Dipartimento di Matematica Applicata e Fisica Teorica di Cambridge e fino a poco tempo fa occupava la cattedra lucasiana di matematica all'Università di Cambridge.
L'altro film invece è ispirato alla storia di Philippe Pozzo di Borgo un miliardario paralizzatosi in seguito a una caduta col parapendio che nel suo romanzo Le second souffle racconta la sua vita prima e dopo l'incidente; una vita con un risvolto crudele soprattutto in seguito alla prematura morte dell'amatissima moglie uccisa da un cancro. Eppure, nonostante tutto, ha ritrovato la speranza. Non subito, c'è voluto tempo, ma ce l'ha fatta. Quello che invece non si dà Will è tempo. Cosa sono sei mesi? Se osserviamo razionalmente il suo "prima di conoscere Lou" e il suo "dopo" è palese la differenza, eppure quando lei dice di amarlo lui le risponde che non è abbastanza.
"io non voglio guardarti ogni giorno, vederti nuda, osservarti mentre gironzoli per la dépendance con i tuoi abiti pazzi e non... non essere in grado di fare quello che desidero con te. Oh, Clark, se sapessi cosa vorrei farti in questo momento. E io... io non posso vivere con questa consapevolezza. Non posso. Non è da me. Non posso essere il tipo di uomo che semplicemente... accetta"
Will rimpiange le corse in moto, gli sport estremi, il sesso (perché lui faceva taaaanto sesso), il lavoro (perché lui i clienti in affari li annientava nel vero senso della parola) e tutto questo, sul piatto della bilancia, pesa molto di più del cuore di Louise.
Che lui non voglia condannarla a una vita di sacrifici e di rinunce lo rende incredibilmente altruista, ma anche tanto irreale; siamo tutti un po' egoisti, non neghiamolo.
Per questo, a conti fatti, dopo aver chiuso il libro e aver versato un mare di lacrime, ho pensato che la storia della Moyes fosse più paracula di quello che voleva farci credere.
P.S. Ah, se volete sapere se per caso guarderò mai il film, la risposta è sì. Amo farmi del male, perché nonostante una serie infinita di considerazioni molto razionali, so già che ne uscirò emotivamente compromessa.