Special Exits di Joyce Farmer
| Eris Edizioni, 11/2016 | pag. 208 | € 17,00 |
Lars e Rachel sono due coniugi che affrontano la parte finale della propria vita - la vecchiaia, la malattia, la morte - accuditi con premurosa attenzione dalla figlia. Joyce Farmer racconta semplicemente ciò che ha vissuto prendendosi cura dei suoi genitori, concentrandosi sui dettagli della routine quotidiana, nello scorrere dei giorni e degli anni, creando un commovente ritratto di famiglia, dove non mancano momenti difficili, drammatici, ma neanche l'ironia dell'intimità. In questo mémoir grafico, realistico e senza sentimentalismi, creato in 10 anni di lavoro, l'autrice mostra la fragilità del periodo più difficile della vita, senza mai tirarsi indietro davanti agli imbarazzanti oltraggi della vecchiaia, con il lento decadere dei corpi e la mente che si confonde facilmente, non dimenticando il contesto di questa narrazione domestica fatta di frustrazioni e tenerezze: il presente nel South Los Angeles anni '80 e '90 e gli States della prima metà del '900 ricordati dai suoi genitori.
Voto:
Quante volte ho detto di essere in difficoltà nel parlare di un libro? Tante, lo so, e questa è una di quelle, ve lo dico subito. Perché? Perché Special Exits ha tirato un filo della memoria che credevo ben annodato, e ha scucito quei ricordi che cercavo di tenere al sicuro, al riparo dal cuore e dalla mente.
Special Exits parla di morte. In un panorama di letture in cui niente ormai ci spaventa più, ecco il grande mistero dell'universo in tutta la sua tragica veridicità.
Joyce Farmer, attraverso una serie di capitoli che fotografano gli ultimi quattro anni di vita dei suoi genitori, ci porta nella loro casa, una piccola abitazione tutta polvere, disordine e acciacchi, e ci racconta una storia fatta di quotidianità.
Mentre i denti della vecchiaia mordono impietosi la mente di Rachel e il corpo di Lars, i due anziani coniugi tentano in tutti i modi di non cambiare le loro consolidate abitudini e di adattarsi alla meno peggio a una condizione che sanno bene essere irreversibile. Mangiano cibi in scatola precotti, coccolano il loro amatissimo gatto, passano ore e ore (ma anche notti) sul divano a leggere, guardare la televisione, dormire. Intanto il tempo passa, un tempo che ormai ha poco da regalare, ma ogni attimo può diventare prezioso: un'occhiata complice, una risata, un abbraccio, una visita inaspettata. Credo che siano questi gli accenti più importanti del romanzo, quelli legati alla tenerezza di momenti che si temono possano essere gli ultimi.
Ma l'affresco della Farmer è curatissimo anche da altri punti di vista. L'autrice, esponente negli anni Sessanta del movimento underground statunitense (che prevedeva la libera espressione artistica, senza tutti quei vincoli tipici dei fumetti mainstream) non dimentica le problematiche legate ai quartieri di Los Angeles abitati esclusivamente da afroamericani, tra cui il pestaggio del tassista nero Rodney King che creò un'ulteriore spaccatura razziale, non troppo velatamente sottolinea le falle del sistema sanitario, e non mancano nemmeno brevi sprazzi di storia americana, come la morte del presidente Nixon. Ogni singolo evento è incastonato con discrezione, perché l'obiettivo è sempre puntato su Rachel e Lars; lei che poco alla volta perde la vista, il pudore, il contatto con la realtà; lui che pazientemente l'accudisce ringraziando i momenti in cui la moglie si abbandona al sonno sollevandolo da un peso di cui non riesce più a farsi carico.
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Joyce tappa i buchi, poco alla volta sempre più grossi, districandosi tra la sua casa e quella dei genitori, dividendosi tra lavoro e famiglia; Special Exits è un po' un diario a cuore aperto, un diario in cui l'autrice ha messo a nudo il suo essere figlia, con tanto di sacrifici, soddisfazioni, errori, gioie e sensi di colpa.
Ho sfogliato l'ultima pagina pensando a quanto deve essere stato difficile - e allo stesso tempo liberatorio - raccontare questa storia. Per me leggerla non sempre è stato semplice, probabilmente perché quel filo della memoria che la Farmer ha tirato teneva insieme i baci dei miei nonni, le nostre chiacchiere, le discussioni, la loro presenza solida e costante nella mia vita. Quando li ho persi quel filo però non si è strappato, si è solo annodato più volte su se stesso, perché i ricordi non bisogna lasciarli andare, tutt'altro, vanno imprigionati e tenuti al sicuro il più a lungo possibile.
Non ho detto nulla sull'aspetto grafico del romanzo, perché la parte emozionale ha avuto il sopravvento, ma come potete vedere il tratto è deciso, non ci sono sfumati, i bianchi e neri risultano netti; è il tipico stile underground, in cui elementi realistici e caricaturali si fondono. Ma andate oltre l'aspetto visivo, Special Exits è un libro da leggere, non da sfogliare. Sono molti gli autori che trasportano su carta parte della loro vita, ma questo particolare scorcio, così intimo e doloroso, privo di inutili retoriche, l'ho trovato davvero un bellissimo regalo, uno specchio in cui è facile riflettersi, giustamente inserito da AbeBooks nella lista dei “50 Essential Graphic Novels”.
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Alla prossima :)