2 aprile 2012

Una piccola chiacchierata con Tullio Avoledo

Dopo aver termianto Metro 2033 Le Radici del Cielo (qui la recensione) non ho resistito, ho preso carta e penna, macchè, ho preso il computer e ho mandato una mail all'autore. Avevo voglia e bisogno di chiederli un paio di cose e lui è stato molto esaustivo nello rispondermi.

Grazie mille!

- Quando e perché ha deciso di scrivere un romanzo sulla scia di Metro 2033?
Due anni fa, al Salone del Libro di Torino, accompagnai mio figlio a conoscere l’autore del romanzo da cui era stato tratto un videogioco che lui adorava. Il videogioco e il romanzo erano “Metro 2033” e l’autore era Dmitry Glukhovski. Tra le tante cose di cui parlammo durante quel breve incontro (sia lui che io eravamo presi da un sacco di impegni, in quello stesso giorno) arrivò la sua spiegazione del “Metro Universe”: un’esperienza multimediale incentrata sul mondo da lui immaginato. Oltre a illustrarmi questo strano mondo di creatività collettiva dove scrittori, musicisti, programmatori e illustratori collaborano alla creazione di un universo immaginario, Dmitry mi propose di collaborare con un romanzo al ciclo di “Metro 2033”. Sul momento il mio sì fu molto poco impegnativo. Avevo in cantiere il romanzo da scrivere a quattro mani con Boosta (“Un buon posto per morire”), e il tempo per lavorare a un’altra creazione così impegnativa mi mancava proprio. Ma alla fine l’ho trovato. Dmitry ha insistito, finché non ho ceduto. A convincermi è stata soprattutto la lettura dei due romanzi scritti da Glukhovski, che ho trovato estremamente intelligenti, più vicini alla letteratura filosofica e psicologica che alla narrativa di puro intrattenimento. Quando ci siamo incontrati a Venezia, qualche mese dopo, gli ho spiegato a grandi linee la trama e i personaggi che avevo in mente, e riassunto i primi capitoli già scritti. Mi è sembrato apprezzare le mie idee. A quel punto il più era fatto. L’unico dubbio che mi ha angosciato fino a pochi mesi fa è stato se a Dmitry sarebbe piaciuto il risultato. Pare di sì, e la cosa mi rende felice. Sono stato anche molto grato dell’occasione che mi veniva offerta per far entrare l’Italia nel grande mondo di “Metro 2033”, con tre città che per motivi diversi sono per me città dell’anima: Roma, Urbino e Venezia.

- Come mai ha affidato il ruolo di protagonista a Padre Daniels, un uomo
di Chiesa che non ha nessun tipo di familiarità con le armi?

Il romanzo è nato intorno a lui, un uomo che rappresenta la religione cristiana in un mondo che sembra aver dimenticato Dio, o essere stato dimenticato da Dio. L’arma più potente di padre Daniels è la sua fede, all’inizio arrugginita come un’arma spuntata, ma che attraverso gli orrori e le fatiche del viaggio si tempra come una spada. Credo sia un bel personaggio. Uno che è costretto dalle cose a cambiare spesso opinione, a rinunciare ai dogmi e adattarsi alle circostanze, senza però mai perdere il suo sguardo lucido sulle cose. Non il solito Rambo in mimetica di questo genere di storie, insomma. Il dubbio e l’apertura mentale sono le sue armi più potenti.

- E' stato più difficile curare la parte descrittiva o le scene d'azione?
Nessuna delle due cose. Per me scrivere è sempre un piacere. A parte questo, credo che le due parti si integrino a vicenda. Ho cercato di mixarle quanto meglio potevo, in modo da accontentare sia i lettori che in un libro del genere cercano l’azione sia quelli che vogliono una scrittura più attenta alle idee, una certa cura per le descrizioni che vada al di là dei soliti stereotipi. La parte difficile è stata forse proprio trovare le proporzioni giuste per il mix. A giudicare dalle reazioni del pubblico russo, credo proprio di aver azzeccato la formula del cocktail.

- Pensa che nel futuro post-apocalittico di Metro 2033 ci sia qualcosa di
verosimile?

Credo che la definizione più giusta per Metro 2033 sia quella di “urban fantasy”. Certe aspetti dei romanzi del ciclo sono forse più legati al fantasy che alla fantascienza. Prendiamo i mostri che popolano i corridoi della metropolitana di Mosca nei due romanzi di Glukhovsky: da un punto di vista scientifico è del tutto improbabili che mutazioni così radicali possono prodursi in soli vent’anni. Io ho cercato tre possibili soluzioni, una delle quali ha avuto l’OK di Dmitry, ed è stata quella delle “armi genetiche”. Per il resto lo scenario mi sembra decisamente plausibile: l’inverno nucleare, la devastazione urbana, la ferocia umana. Penso sia questo che ha reso il libro ostico ai lettori più sensibili.

- Leggendo il romanzo è intuibile il grande amore che nutre per la fantascienza, ma direi che non disdegna nemmeno horror e paranormale. Quali sono stati i suoi modelli letterari?
Sono un lettore onnivoro. Il fatto che ami la poesia non mi impedisce di leggere un sacco di graphic novel (penso ad esempio che la serie “The Walking Dead” di Robert Kirkman sia il miglior romanzo uscito in questi ultimi anni). Alla base di “Le radici del Cielo” ci sono letture di teologi come Agostino e Teilhard de Chardin, ma anche di grandi romanzi d’avventura. Mi piace Stephen King, ma sul mio comodino ci possono essere anche, come adesso, dei saggi sul collasso dell’economia o un libro meraviglioso come “Gli spodestati” di Steve Sem-Sandberg, che tratta della vita nel ghetto di Lodz durante l’occupazione nazista. Credo che siano tutte spezie che danno sapore alla cucina dei miei libri…

- Progetti letterari futuri?
Sto scrivendo una storia romantica, molto tenera e venata di nostalgia. Un po’ di Chopin, dopo due libri che suonavano come un’ouverture di Wagner. Ma anche questa storia avrà imprevedibili risvolti fantascientifici…

Non mi resta che ringraziare ulteriormente Tullio Avoledo e fargli un grosso in bocca al lupo per il suo prossimo romanzo che m'incuriosisce anche parecchio!

2 commenti:

Luigi87 ha detto...

bella intervista..interessante

Anonimo ha detto...

Vogliamo un seguito! Vogliamo sapere cosa succederà al protagonista nella sua nuova missione!

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