17 giugno 2019

Recensione, L'Occhio Più Azzurro di Toni Morrison

Se penso alla genesi di questa lettura, mi viene quasi da ridere. Un po' dovrei anche vergognarmi, perché insomma, venire a conoscenza de L'Occhio Più Azzurro di Toni Morrison, autrice Premio Nobel per la letteratura nel 1993, attraverso una serie tv, non è proprio motivo di vanto, anzi. E non stiamo parlando di una serie ad alto livello culturale, ma de Le Terrificanti Avventure di Sabrina, un teen horror molto giovane e easy, però mi piace che una "cosa" di un certo tipo possa generarne un'altra completamente diversaCapite cosa intendo? Insomma, io ero lì, bella comoda a guardare la tv, a confrontare mentalmente la sceneggiatura televisiva con il fumetto di Sacasa, a fare le mie elucubrazioni mentali su fotografia, attori, colonna sonora, bla, bla, bla, e un attimo dopo mi stavo appuntando titolo e autore sullo scontrino del lavasecco. Il giorno seguente ero in libreria. Sì, perché anche le 24 ore di Amazon Prime mi sembravano troppo lunghe. Che dire. Amen.
A farmi scattare la molla è stato il fatto che nella serie questo romanzo venga definito "proibito" per i temi trattati ed è come dire a un bambino "metto la Nutella su questa mensola, ma non toccarla, capito?!". Vi pare? :|
Comunque eccomi qui, a parlarvi de L'Occhio Più Azzurro e a comunicarvi che in wish list ci sono finiti tutti i libri della Morrison. Addio. Di nuovo. Ma come sempre #povertànontitemo
E dopo la premessa più lunga del mondo vi lascio alla recensione.

L'Occhio Più Azzurro di Toni Morrison

| edizione economica Pickwick, 2018 | pag. 230 |


Voto:

Avevo la recensione pronta da diverse settimane, ma non mi convinceva per niente, ogni tanto la riaprivo, la rileggevo e mi capitava di corregge qua, sistemare là, finché un bel giorno (oggi)  non ho cancellato tutto e mi son detta "Silvia, racconta questo libro senza tante sovrastrutture, fregatene se questa volta le parole non ti sono venute al primo colpo, non sei una macchina, ma una persona".
La mia coscienza è molto saggia, ma io razionalmente so che le recensioni più facili da scrivere sono quelle di libri molto belli o molto brutti, quindi pretendevo che mi uscisse una specie di capolavoro nel momento stesso in cui mi fossi seduta alla tastiera. Vabbe', impariamo dai benefici dei fallimenti come ci insegna zia Rowling...
Tra l'altro a fine romanzo c'è una meravigliosa considerazione scritta da Franca Cavagnoli che vale più di tutte le parole che troverete qui di seguito; è perlopiù un'analisi, in quanto si sofferma anche sul finale del  romanzo e sul suo significato, ma è davvero un valore aggiunto.
Bene, adesso veniamo a noi...

L'Occhio Più Azzurro è una storia che parla di sogni, razzismo e crudeltà.
I sogni sono quelli di Pecola, una bambina di nemmeno dodici anni che la sera prega Dio affinché le doni due occhi azzurri come il cielo in modo che le persone possano finalmente vederla bella, mentre di giorno è capace di bersi tre litri di latte solo per stringere tra le mani la tazza su cui è impressa la foto di Shirley Temple, l'icona degli anni Quaranta, la bambina che tutta l'America ama.
Pecola parla poco, osserva il mondo con distacco, e aspetta il fatidico momento in cui potrà finalmente farne parte... deve solo avere pazienza...

[...] "Sedeva per ore guardandosi allo specchio, cercando di cogliere il segreto della bruttezza, quella bruttezza per cui a scuola la ignoravano o la disprezzavano, sia gli insegnanti sia i compagni. [...]Ogni notte, immancabilmente, pregava per avere gli occhi azzurri. Con fervore, pregava da un anno. Sebbene un po' scoraggiata, non era senza speranza. Perché accadesse qualcosa di tanto meraviglioso ci voleva molto, molto tempo. Così assolutamente e inesorabilmente convinta che solo un miracolo l'avrebbe confortata, non poteva conoscere la propria bellezza. Vedeva solo quel che c'era da vedere: gli occhi degli altri." [...]

Quello che emerge fin dalle prime righe è un razzismo insolito, poco raccontato, ma estremamente crudele: quello che i neri provavano nei confronti della propria etnia.
Siamo abituati a leggere storie diverse su questo argomento, tanto per fare un esempio in the Help (qui la recensione), uomini e donne di colore fanno fronte comune, si sostengono a vicenda, mentre nel romanzo della Morrison spesso si odiano tra loro per poter combattere ad armi pari: non puoi sfidare un bianco, significherebbe perdere in partenza, meglio scagliarsi contro un fratello.
I genitori di Pecola sono il prodotto di un'America che nel tempo ha schiavizzato, emarginato, piegato, ridotto in cenere; la madre, abbandonati i sogni di gioventù sulla poltrona di un vecchio cinematografo, si è ritrovata con una croce da portare e una corona di spine da indossare. Marito e figli. Solo quando è a servizio dalla sua padrona bianca è felice, solo quando si trova in quella casa piena di soffici tappeti, muri puliti, stoviglie intonse e asciugamani profumati sente di essere nel posto giusto.

Toni Morrison ci porta in questa terra arida di sentimenti e povera di prospettive, una terra fatta di gente sconfitta, di sogni spezzati, di lotte mai combattute.
A raccontare i torbidi segreti e le nefande debolezze degli adulti è Claudia, un'amica di Pecola, l'unica in tutto il romanzo capace di osservare quello che la circonda con estrema chiarezza e lucidità, ma l'autrice si affida anche alla terza persona, spesso sposta il focus, allenta la tensione, in parte per darci un visione a trecentosessanta gradi, in parte per farci trovare impreparati davanti al durissimo finale. Quello che ci porterà a pensare a tutto il libro con estrema rabbia e infinito dolore.

Non è facile consigliare questo romanzo, ma è senza dubbio necessario. Sono certa che a distanza di giorni, mesi, forse anche anni, non potrete non pensare a Pecola, a come i suoi silenzi abbiano parlato per lei, ai suoi grandi occhi scuri rinnegati, alle sue piccole mani e alla forza con cui stringevano le caramelle Mary Jane, il più prezioso dei tesori.
Lo spaccato che Toni Morrison fa dell'America degli anni Quaranta è lucido, spietato, vivido, e la sua penna, con  inaspettata poesia, non vi risparmierà nulla. Scritto nel 1970, L'Occhio Più Azzurro è il romanzo d'esordio di un'autrice premio nobel per la letteratura che ad oggi non ha ancora smesso di lottare per i diritti dell'uomo: perché a fare la differenza, ricordiamocelo, non è il colore della pelle, ma la cultura.


2 commenti:

Elena ha detto...

Di Toni Morrison ho letto solo Amatissima. Una di quelle letture che non riuscirei e non vorrei rifare. Soffro ancora al ricordo seppur sbiadito di Sethe.

SilviaLeggiamo ha detto...

Ti capisco. Io ormai li voglio recuperare tutti i suoi libri.