Detto questo, passo e chiudo.
LA FIGLIA MASCHIO di Patrizia Rinaldi
| Edizioni E/O | pag. 162 | € 16,00 |
Una vacanza in apparenza convenzionale cambia la vita di quattro persone. Al ritorno da un viaggio in Cina, Marino, un imprenditore criminale, tornerà con un bottino che per lui somiglia all'amore. Sua moglie Felicita non riuscirà più a restare nella noia e nelle menzogne, analizzerà con cinismo il suo matrimonio bianco e con la risorsa dell'autoironia sceglierà di dirsi quello che è diventata, quello che non vuole essere più. Sergio, un inetto e affascinante dipendente dell'imprenditore criminale, scoprirà di saper combattere per quello che riconosce come il suo ultimo amore di carne e mistero. Una ragazza cinese senza identità, che non è stata dichiarata al momento della nascita come circa venticinque milioni di neonate connazionali, sceglierà di non essere più vittima della politica del figlio unico e di molto altro: da martire diventerà predatrice e userà senza pudore il corpo, le culture, la determinazione e qualsiasi altra avventura per salvarsi la vita.
Voto:
Marino è il migliore. E non perché glielo dicano, ma perché lo sa. Spietato imprenditore, marito traditore, amico fasullo. Di buono ha ben poco, ma il suo ego e la sua stima gli dicono tutt'altro. Ama mettersi alla prova tanto quanto ama mettere gli altri in difficoltà, è sempre sul pezzo, ma pure ai migliori capita di distrarsi. Durante un viaggio in Cina incontra Na, e per la prima volta non sa tenere a bada lo sbalzo sismico che gli sconquassa le viscere. La vuole. In tutti i modi possibili, razionali e non. Questa giovane donna intrappolata nel corpo di una bambina gli manda in frantumi ogni convinzione, e ne aveva tante Marino, tutte ben salde, tutte collaudate, le migliori ovviamente.
Marino vuole Na perché lei scappa, perché non è come tutte le altre donne che gli si offrono senza ritegno; Na risveglia in lui l'istinto della caccia, la smania predatoria, l'uomo che sua moglie ha seppellito con gli anni e la noia.
La strappa così dalla sua Terra, gliene offre un'altra, e solo sfogliata l'ultima pagina si capirà di come quel viaggio ad Hangzohu abbia rappresentato un giro di boa non soltanto per loro due.
Quattro capitoli, quattro voci che attraverso diversi punti di vista portano a galla gli eventi nella loro più tragica e dura verità.
Scopriremo che Felicita non è esattamente una donna risucchiata dall'ingombrante personalità del marito, che Sergio non era un amico poi così succube e che dietro alla giovane vestita solo di lunghi capelli neri, dietro a quella bellezza terribile e al contempo magnifica, si nasconde una donna cresciuta in cattività che vuole vendicarsi del tempo che le è stato strappato.
Pochi i dialoghi, tante le immagini immortalate dalle parole dure e incisive di Patrizia Rinaldi. Ed è grazie al suo linguaggio forte, visivo e a una psicologia che sviscera i personaggi in ogni angolo e in ogni crepa, che ho amato questo libro dalla prima riga.
Ci sono storie che ti scavano dentro poco alla volta, altre che ti bucano immediatamente e La Figlia Maschio fa parte di questa seconda categoria. Bello in modo crudele. Le parole non lasciano scampo, feriscono in modo quasi sadico, e nonostante tutto, nonostante il dramma indicibile che si cela nel titolo, questo romanzo ha la forza di una poesia; è come un canto che andrebbe tramandato, una preghiera da recitare, una condanna da incidere nella pietra.
Patrizia Rinaldi mi ha stregata, non c'è dubbio. Una ricerca stilistica mai banale e un linguaggio capace di andare dritto al punto senza fronzoli o inutili giri di parole hanno reso un romanzo già forte di per sé, un'esplosione di contrasti. Non c'è mai un solo lato della medaglia. Non c'è mai una sola strada da percorrere.
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