Apriamo questa ennesima settimana di pioggia con la recensione di Stitches, l'ultima tappa del mio ammorbamento. Mercoledì ve ne ho parlato su Instagram*, venerdì vi ho mostrato la copia cartacea, e dopo oggi non vi romperò più... fino alla prossima volta!
* il mercoledì, nelle stories, puoi seguire i miei aggiornamenti di lettura nel #wwwwednesday .
SWITCHES ventivove punti di David Small
| Rizzoli Lizard, 2010 | pag. 333 |
Dopo un'operazione annunciatagli come insignificante, il quattordicenne David Small scopre di non essere più in grado di parlare: gli sono state rimosse la tiroide e una delle corde vocali, e il taglio con cui i medici gli hanno squarciato la gola gli è stato suturato alla bell'e meglio, con ventinove punti che lo accompagneranno per il resto della vita. Sarà solo a cose fatte che David scoprirà di aver avuto un cancro alla gola e di essere stato ignorato dalla famiglia e dai medici, risucchiato dal vortice di rabbia, superficialità e indifferenza che dal giorno della sua nascita gli ha inghiottito la vita. In questa graphic novel, con un caleidoscopio di immagini folgoranti che viaggiano tra l'incubo e la fiaba, tra l'assurdità del reale e la salvezza della fantasia, Small ci regala il difficile racconto di un viaggio: quello di un ragazzino che prima la vita e poi la malattia hanno ridotto a un solitario silenzio, ma a cui l'arte ha finalmente ridato la voce.
Voto:
Stitches l'ho divorato nel giro di un'ora e mezza e in quel lasso di tempo è diventato uno dei memoir più belli che abbia mai letto; nonostante sia una biografia è strutturato e raccontato così bene da sembrare un film. Un film terribile tra l'altro, capace di tenere con il fiato sospeso e di sorprendere il lettore in più di un'occasione.
David Small imprime su carta la sua infanzia fino all'adolescenza, un periodo tutt'altro che facile stravolto da un evento che mise a tacere la sua già poca voglia di comunicare a voce alta. Introverso, incompreso, perso in un mondo fatto di fantasie che è fuga e rifugio al tempo stesso, a quattordici anni finisce due volte sotto i ferri per l'asportazione di una ciste ipoteticamente benigna che si rivelerà essere un tumore.
Ma Stitches non è la storia della sua malattia, tutt'altro. Stitches è una storia a trecentosessanta gradi che porta a galla i traumi e i disagi derivanti dal crescere in una famiglia disfunzionale. David vorrebbe scappare e in qualche modo ci riesce anche, immaginando storie, leggendo libri, disegnando sul pavimento, legandosi un fazzoletto giallo in testa e correndo per il quartiere alla ricerca della tana del Bianconiglio, perché un paese delle meraviglie deve pur esistere da qualche parte. Ma le vie di fuga sono solo nella sua mente e quando si fa sera, quando è a casa, deve fare i conti con cene fatte di silenzi e coperte non rimboccate.
Stitches, come tanti memoir in cui gli autori mettono a nudo il loro passato, è una sorta di esorcismo, perché i demoni si sconfiggono solo affrontandoli. E David Small lo fa, raccontandoci di un padre sempre assente perché troppo preso dal lavoro in ospedale, di una madre anaffettiva, addirittura ostile, in costante conflitto con il mondo intero, di una nonna sul viale della follia, degli amici che non aveva e degli abbracci mai ricevuti.
Forse graficamente non è il tipico fumetto capace di colpire a prima vista, ma fidatevi, Small è uno degli autori più comunicativi che mi sia mai capitato di leggere. Dietro agli occhiali lattiginosi dei suoi personaggi si nascondono emozioni tangibili e le tavole silenziose sono di un'eloquenza disarmante.
Un romanzo davvero bello fatto di rabbia, ribellione e malinconia per tutto quello che poteva essere e non è stato. Il mio consiglio è ovviamente uno solo. Leggetelo. Leggetelo se volete una storia capace di indignarvi, leggetelo se nei libri cercate la verità, leggetelo perché storie così ci rendono empatici, quindi migliori.
Nota: David Small ha potuto realizzare questo memoir senza tabù e censure perché al momento della stesura i suoi genitori erano già morti, ma con ironia e un pizzico di cinismo ha ammesso che in caso contrario, se sua madre avesse avuto occasione di leggerlo, probabilmente non gli avrebbe più rivolto la parola... quindi non sarebbe cambiato proprio niente!
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