Io e Nicola ci siamo conosciuti due anni fa per la presentazione di Solo il Vento lo Ascoltava (qui spiego la genesi dell'incontro) e in seguito non abbiamo perso occasione per chiacchierare di libri e film; essendo entrambi cresciuti a pane, horror e marmellata è molto facile trovare argomenti per una (in)sana conversazione 8)
Nicola è poi bravo a raccontare ma anche a raccontarsi, cosa che non è da tutti. Andare a una sua presentazione è un piacere, perché ti rendi conto che il tempo che gli stai dedicando non è tempo perso. Insomma, uno scrittore deve saper scrivere, mica parlare. In quanti sono bravissimi a imprimere il loro mondo sulla carta, ma faticano a spiccicare due parole in croce? Tanti. Ed è legittimo. Un autore non deve essere necessariamente un oratore, ma se lo è... be', ha senza dubbio un valore aggiunto.
E lo è anche una presentazione: un valore aggiunto al libro. E' come una bella prefazione capace di indurti una serie di input che altrimenti non avresti. Deve fungere da catalizzatore, deve farti venire l'acquolina, deve stimolare la tua fame letteraria. E attenzione, una presentazione non è fatta per dire "questo libro è bello, compratelo!", perché tutto è soggettivo, ma per creare intorno a romanzo un interesse.
A proposito di soggettività alla presentazione dell'ultimo libro di Nicola abbiamo fatto un gioco. Alt. Facciamo un passo indietro. Nicola Arcangeli ha scritto un altro libro - yes! - e martedì 22 l'ho presentato con lui alla Biblioteca di Ozzano dell'Emilia (BO) (qui le prove). Abbiamo sfidato il maltempo (questo maggio sembra tanto ottobre...) e il 22% di share del Grande Fratello. Siamo gente coraggiosa noi. Comunque dicevo... abbiamo fatto un gioco, quello che ultimamente si trova ovunque on line. Cosa sentite ascoltando questo audio? Lauren o Yanny?
Oppure, di che colore vedete questo vestito? Oro o blu?
Incredibilmente le risposte non saranno mai le stesse per tutti.
Un libro è la stessa cosa. Non riscontrerà mai i medesimi consensi e le percezioni potranno essere diverse da persona a persona.
A qualcuno Rimini Graffiti sembrerà un giallo, per molti sarà un noir, per la maggior parte probabilmente un romanzo di formazione. Ma cerchiamo di non costringere un libro in un singolo genere. Non è detto che si possa fare. Non soffermiamoci alle apparenze, non crediamo che solo perché dopo poche pagine c'è un cadavere debba esserci anche un'indagine e un colpevole dietro le sbarre. Ricordo benissimo la prima volta che feci questo errore, ero una ragazzina e il mio professore di Mass Media ci fece vedere Blow-Up di Michelangelo Antonioni. Che scema a pensare che l'omicidio nel parco avrebbe avuto una risoluzione. Ma non è sempre facile guardare oltre, dipende anche dal tipo di lettore che sei, dal numero e dal genere di romanzi che ti hanno formato. Se sei cresciuto con Heidi e le caprette ti facevano ciao difficilmente Rimini Graffiti potrà fare al caso tuo, ma in caso contrario dacci un'occhiata. Potresti restarne sorpreso.
Della trama si è detto poco durante la presentazione, il romanzo conta circa duecentotrenta pagine e cadere nello spoiler era un pericolo troppo grosso, tra l'altro è quel genere di storia che potresti finire in due pomeriggi, quindi perché togliere il piacere della lettura? Una spettatrice però mi ha fatto notare, a posteriori, che sarebbe stata curiosa di sapere qualcosa di più, e così provo a rimediare ora, restando il più possibile abbottonata.
Rimini Graffiti si snoda su due piani temporali e la cosa interessante è vedere come negli anni si sia perso il disincanto e come i protagonisti siano diventati, col tempo, più soli, malinconici, vittime di un destino che non è stato affatto clemente.
Tutto ha inizio nel 1963 quando Leonard Beck lascia l'assolata e caotica California per andare a vivere nel paese d'origine di sua madre, Rimini. Le cose all'inizio non sono facili, ma l'adolescenza è quell'età che ti spalanca mille porte e Leo si fa subito degli amici. Il legame più forte è sicuramente quello con Antonio un coetaneo particolarmente estroverso e impulsivo con un genitore alquanto "scomodo". E poi c'è Roberta, la ragazza perfetta, la fidanzata che ogni genitore vorrebbe per il proprio figlio, la prima persona che ha teso una mano a Leo e non l'ha fatto sentire in terra straniera. L'adolescenza però è anche l'età del tutto e del niente, del bianco e del nero... degli errori. Puoi razionalizzare il tuo cuore a quattordici anni? Puoi mettere a tacere l'istinto? Difficile. Praticamente impossibile. Soprattutto quando nel tuo gruppo c'è la classica ragazza che ti manda in corto circuito gli ormoni. E non si chiama Roberta.
Leonard non è il classico protagonista con gli attributi, lui si lascia vivere, lascia che gli eventi facciamo il loro corso. E di questo alla presentazione abbiamo parlato. Nicola ha detto "non posso amare troppo i miei personaggi, altrimenti non potrei ucciderli". Tranquilli, era una battuta (forse 😐), però è vero. Con Leonard non si crea una vera e propria empatia, perché se da ragazzo riesci a giustificarlo - l'età è un alibi molto potente - da adulto lo guardi e pensi "io non vorrei mai essere così". Il sessantenne che troviamo nelle prime pagine è un uomo che ha perso tutto e non ha fatto praticamente niente per evitare che accadesse. Ma il passato a volte torna a bussare e questa volta è lo squillo di un telefono a riaprire una vecchia ferita. Antonio è morto e il suo corpo è stato rinvenuto a Rimini, nel canale di carico e scarico delle acque del Kursaal...
Con questa breve sinossi credo di aver gettato la prima esca facendovi capire parte del cerchio narrativo. Del Kursaal abbiamo parlato molto durante la presentazione, ed è uno di quegli argomenti che dovrebbero rendervi molto, molto curiosi. Il termine tedesco significa letteralmente "sala di cura" e l'edificio, una meravigliosa costruzione in stile libery, rappresentava il cuore pulsante e mondano delle vacanze riminesi di fine Ottocento e primi Novecento. Qui si potevano fare bagni termali, assistere a spettacoli teatrali, giocare d'azzardo. Col tempo il Kursaal si è adattato alle esigenze della clientela più abbiente, ma nel dopoguerra è stato abbattuto e il motivo, pratico? (oscurava la vista mare), ideologico? (era un simbolo elitario da abbattere), economico? (restaurarlo era troppo costoso) non è mai stato del tutto chiaro. Insomma il Kursaal è tuttora il luogo perfetto per ricamarci attorno una storia piena di misteri e atrocità e Nicola l'ha usato come teatro di quelle vicende che faranno da cardine all'intero romanzo.
Siccome a me non piace tradire il patto con il lettore vi dico anche un'altra cosa. Ma potreste intuirla da soli leggendo la sinossi. La casa editrice paragona le atmosfere di Rimini Graffiti a quelle di Stand by Me e It e lo fa sostanzialmente per due motivi. Il romanzo è una chiara metafora di cosa comporta il diventare grandi, è un addio all'adolescenza, è un ultimo saluto carico di malinconia a un passato che potrà essere solo ricordato. E poi si parla del Male. Quello che assume forme diverse. Quello che la maggior parte delle volte ci coglie impreparati e porta nomi come guerra, tradimento, odio. Quello che spesso nemmeno la ragione può spiegare.
Bene, non mi sono sbottonata troppo credo... se Nicola non mi manda un messaggio entro dieci minuti sono salva... a proposito, se per caso siete di Ravenna e dintorni vi comunico che venerdì 15, ore 18,00, l'autore sarà alla libreria Liberamente per un'altra presentazione. Fateci un salto mi raccomando ;)
E noi Nicola ci vediamo tra due anni, con il tuo prossimo romanzo 8)
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