finalmente riesco a parlarvi di un romanzo grafico che mi è piaciuto un sacco (Eris non delude!) e che non potete farvi scappare. Se volete saperne qualcosa di più e scoprire se possa fare al caso vostro, non vi resta che leggere la recensione ;)
P.S. Ma la sfiga è contagiosa? No, perché oggi, prima di postare la recensione, mi sono caduti su una gamba venti quintali di legna e poi mi è quasi esploso l'accendino in mano mentre stavo cercando di accendere il camino... ué Julia?! Son scherzi da fare???
Drinking at the Movies di Julia Wertz
| Eris Edzioni, 2017 | pag. 204 | € 16,00 |
Avere vent'anni. Trasferirsi a New York perché è la città in cui tutto è possibile. Realizzare i proprio sogni. Assolutamente no. L'acclamata fumettista statunitense Julia Wertz racconta in questo graphic novel autobiografico il suo primo anno a New York: quattro diversi appartamenti, sette terribili lavori, tragedie familiari, viaggi disastrosi e troppe bottiglie di whiskey. Un libro esilarante a tratti commovente, che smonta l'immaginario idilliaco di una generazione globalizzata che vede nella Grande Mela il paradiso delle occasioni che cambiano la vita.
Voto:
Personalmente, in base al suddetto "da fare... oggi, domani e sempre" posso dire di essere la gemella che Julia Wertz non sapeva di avere. A parte il punto 3 (sono stitica u.u), il 4 (ma faccio post, è uguale dai xD) e l'11 (mi drogo con cappuccini e tisane però) tutto il resto torna. Ammetto che ci sono momenti in cui non odio il mio lavoro e non fisso il nulla cosmico fuori dalla finestra, ma sono attimi. Poi mi ripiglio e torno alla mia acida realtà. E va benissimo secondo me, perché aspettarsi il peggio del peggio ti fa vivere meno peggio tutto lo schifo che ti succede. In fondo sono un'ottimista, no? Una che vede il bicchiere mezzo pieno.
Ma veniamo a Drinking at the Movies.
Julia Wertz ci porta tra le pieghe, le grinze e gli strappi di quella che è stata la sua vita tra la primavera 2007 e l'inverno 2008. Un focus on ben preciso che inizia con il trasferimento da San Francisco a New York e poi, via di disagio più totale: quattro appartamenti, sette lavori, il fuoco sacro (proprio là, dove non batte il sole!), l'alcol, la pizza, il cinema, gli amici, i fumetti, le sfighe...
Più che la strada per il successo quella di Julia è una vera e propria via crucis, ma grazie a una dirompente autoironia l'autrice riesce a trattare anche gli argomenti più seri e delicati con una leggerezza che non sfocia mai nella superficialità. Perché insomma, è facile ridere delle disgrazie altrui, molto meno rifletterci sopra. Julia non ha segreti con il lettore e nemmeno filtri. Pane al pane, vino al vino. E cosa c'è di meglio di una bottiglia di whisky low cost per affogare delusioni e dispiaceri? Julia ha un problema, e lo sa, ma non è facile portare sulle proprie spalle un milione di cambiamenti, non è facile avere la famiglia lontana, un fratello drogato, un sogno che sembra impossibile da realizzarsi e una sequela infinita di #mainagioia. E in tutto questo lei vuole farcela essendo comunque se stessa: una ragazza normale (be' quasi xD) piena di talento. Basterebbe solo che la gente non facesse troppo caso al suo abbigliamento trasandato e all'aspetto da eterna bambina che ispira zero credibilità. Il problema è che Julia non se la fuma nessuno. Nemmeno i marpioni alla fermata della metro.
Tratto deciso, totale assenza degli sfumati, un dirompente black and white e una scrittura al fulmicotone hanno portato Drinking at the Movies nella lista delle 50 graphic novel imprescindibili secondo AbeBook insieme a capolavori come Maus di Art Spiegelman, V per Vendetta di Alan Moore e Blankets di Craig Thompson.
Io vi invito a perdervi in questo collage arguto e intelligente di eventi e riflessioni tragicamente reali. Perfetto da leggere, ma ancora più perfetto da rileggere, tra queste pagine ci sono substrati di ogni tipo e spessore, e poi c'è lei, New York, bellissima, complice ma anche nemica, spesso fin troppo bastarda, ma in fondo è, era e sarà sempre, l'unico posto al mondo in cui dreams come true.
Ma veniamo a Drinking at the Movies.
Julia Wertz ci porta tra le pieghe, le grinze e gli strappi di quella che è stata la sua vita tra la primavera 2007 e l'inverno 2008. Un focus on ben preciso che inizia con il trasferimento da San Francisco a New York e poi, via di disagio più totale: quattro appartamenti, sette lavori, il fuoco sacro (proprio là, dove non batte il sole!), l'alcol, la pizza, il cinema, gli amici, i fumetti, le sfighe...
Più che la strada per il successo quella di Julia è una vera e propria via crucis, ma grazie a una dirompente autoironia l'autrice riesce a trattare anche gli argomenti più seri e delicati con una leggerezza che non sfocia mai nella superficialità. Perché insomma, è facile ridere delle disgrazie altrui, molto meno rifletterci sopra. Julia non ha segreti con il lettore e nemmeno filtri. Pane al pane, vino al vino. E cosa c'è di meglio di una bottiglia di whisky low cost per affogare delusioni e dispiaceri? Julia ha un problema, e lo sa, ma non è facile portare sulle proprie spalle un milione di cambiamenti, non è facile avere la famiglia lontana, un fratello drogato, un sogno che sembra impossibile da realizzarsi e una sequela infinita di #mainagioia. E in tutto questo lei vuole farcela essendo comunque se stessa: una ragazza normale (be' quasi xD) piena di talento. Basterebbe solo che la gente non facesse troppo caso al suo abbigliamento trasandato e all'aspetto da eterna bambina che ispira zero credibilità. Il problema è che Julia non se la fuma nessuno. Nemmeno i marpioni alla fermata della metro.
Tratto deciso, totale assenza degli sfumati, un dirompente black and white e una scrittura al fulmicotone hanno portato Drinking at the Movies nella lista delle 50 graphic novel imprescindibili secondo AbeBook insieme a capolavori come Maus di Art Spiegelman, V per Vendetta di Alan Moore e Blankets di Craig Thompson.
Io vi invito a perdervi in questo collage arguto e intelligente di eventi e riflessioni tragicamente reali. Perfetto da leggere, ma ancora più perfetto da rileggere, tra queste pagine ci sono substrati di ogni tipo e spessore, e poi c'è lei, New York, bellissima, complice ma anche nemica, spesso fin troppo bastarda, ma in fondo è, era e sarà sempre, l'unico posto al mondo in cui dreams come true.
Trasferirsi a New York è un’esperienza senza eguali che puoi fare solo una volta, o ce la fai o non ce la fai. Se non ce la fai, non ti vergognare, questa città non è per tutti. Infatti, io continuo a pensare di andarmene almeno una o due volte al giorno. L’unico vero consiglio che posso dare a qualcuno che si trasferisce a New York è solo di resistere e prima o poi tutto andrà bene. E sennò, ’fanculo, puoi sempre tornare a casa.
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